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ANAC quinto obbligo

28/04/2021

ANAC conferma l'interpretazione FVG sul quinto d'obbligo

Il Comunicato del Presidente dell’ANAC del 23 marzo 2021 inerente “Indicazioni interpretative sull’articolo 106, comma 12, del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 e s.m.i., in merito alle modifiche contrattuali fino a concorrenza di un quinto dell’importo del contratto” è intervenuto per risolvere un dubbio interpretativo da lungo tempo molto dibattuto, sul quale la Regione Friuli Venezia Giulia aveva già avuto modo di prendere posizione.

La Centrale unica di committenza – Soggetto aggregatore della Regione FVG, in qualità di soggetto coordinatore del Sottogruppo Programmazione del Tavolo dei Soggetti aggregatori regionali, infatti, aveva proposto un’interpretazione che oggi appare perfettamente allineata con la posizione di ANAC.

Il Sottogruppo, nell’ambito dei lavori per la redazione del documento denominato “Indirizzi operativi per il calcolo del valore stimato degli appalti e per la redazione del prospetto economico di servizi e forniture”, disponibile a portale, aveva condiviso un’impostazione orientata alla razionalizzazione delle ipotesi di modifica contrattuale, in linea con l’indirizzo comunitario, che non pareva ammettere ipotesi ulteriori rispetto a quelle individuate dai commi 1 e 2 dell’articolo 106 del Codice dei contratti.

Tale impostazione, tuttavia, non aveva trovato d’accordo tutti i Soggetti aggregatori regionali e per questo a livello nazionale il documento è stato pubblicato senza il paragrafo dedicato all’articolo 106, comma 12. A livello regionale, viceversa, il documento è stato diffuso con una sezione che dava comunque conto del ragionamento giuridico sposato originariamente, pur evidenziando che sull’argomento non si era trovato pieno accordo.

Di seguito si riporta la posizione della Centrale unica di committenza- soggetto aggregatore regionale (reperibile nel documento cit. a pagina 20).

 

Diritto dell’appaltatore alla risoluzione del contratto – art. 106 co. 12

Al fine di garantire certezza giuridica dando attuazione al principio di concorrenza, il legislatore nazionale ha razionalizzato le ipotesi di modifica contrattuale disciplinandole in maniera tassativa nell’articolo 106 del Codice.

Si evidenzia che la disposizione contenuta nel comma 12 del succitato articolo non configura un’ipotesi di modifica “libera”, ulteriore rispetto alle altre ivi disciplinate (commi 1 e 2).

Si ritiene infatti, sulla base dell’interpretazione letterale, da un lato, e di un’interpretazione sistematica, dall’altro, che tale disposizione tratti specificatamente dell’esercizio del diritto alla risoluzione del contratto da parte dell’appaltatore.

Da un punto di vista letterale si nota che il precetto si concentra sulla facoltà della stazione appaltante di imporre all'appaltatore l'esecuzione del contratto modificato (modifica possibile solo “qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni” da valutare nel rispetto delle ipotesi tassative poste ai commi 1 e 2) alle stesse condizioni previste nel contratto originario. Questa facoltà è tuttavia limitata dal legislatore al ricorrere di una precisa condizione: che la modifica contrattuale non superi il valore del quinto dell’importo del contratto. Questo limite di valore incide sull’esercizio del diritto alla risoluzione del contratto da parte dell’appaltatore. Infatti, viene precisato nell’ultimo inciso del comma che se tale valore non viene superato allora “l’appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto”. Nello stesso senso interviene il DM 7 marzo 2018, n. 49[1] nella misura in cui prevede nell’articolo 22 che “[con] riferimento alle variazioni entro il quinto dell’importo contrattuale (…), l’esecutore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto ed è tenuto ad eseguire le nuove prestazioni, previa sottoscrizione di un atto di sottomissione, agli stessi prezzi e condizioni del contratto originario, senza diritto ad alcuna indennità ad eccezione del corrispettivo relativo alle nuove prestazioni”.

Analizzando la questione da un punto di vista sistematico, si ritiene contraddittorio sostenere che il comma 12 introduca una ulteriore ipotesi di modifica contrattuale in quanto il comma 6, del medesimo articolo, indica inequivocabilmente che fuori dai casi di modifiche contrattuali di cui ai commi 1 e 2 “una nuova procedura d’appalto in conformità (al presente) codice è richiesta”. Non vi è dubbio che il legislatore consideri quelle dei commi 1 e 2 ipotesi tassative.

Quanto sopra è in linea con quanto previsto dal legislatore comunitario e recepito nell’articolo 106, comma 2, quando viene indicato che la disciplina dei contratti pubblici dovrebbe prevedere soglie al di sotto delle quali non è necessaria una nuova procedura di appalto. Queste soglie «de minimis» sono state individuate dall’articolo 72, paragrafo 2, della Direttiva 2014/24/UE e poi introdotte nel comma 2 (che infatti prevede la soglia del 10% per servizi e forniture e del 15% per lavori, oltre che il limite della soglia comunitaria). Quindi, ritenere il comma 12 una ulteriore ipotesi di modifica contrattuale ammissibile nel limite della soglia del 20% (cd. “quinto d’obbligo”) equivarrebbe a consentire una sistematica violazione dei vincoli previsti dal comma 2.

E’ possibile affermare in conclusione che l’articolo 106, comma 12, non tratta direttamente di opzioni contrattuali ma le cita incidentalmente per introdurre, nel caso appunto si sia resa necessaria una modifica in aumento o in diminuzione delle prestazioni (secondo quanto previsto dai commi 1 e 2 del medesimo articolo), un’esclusione ex lege del diritto civilistico alla risoluzione del contratto se il valore di tale modifica sta sotto il limite del quinto dell’importo del contratto.

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